la guerra in Ucraina e i “nazisti bravi” del battaglione Azov
L’ampio consenso che i paramilitari di estrema destra stanno raccogliendo è l’ennesimo errore di lettura che porterà allo sdoganamento di forze reazionarie. In Italia ne sappiamo qualcosa. Per questo è utile ricordare chi sono veramente i “ragazzi” di Azov.
Valerio Nicolosi 20 Aprile 2022
“Questo è il fiore del partigiano, morto per la libertà” recita Bella Ciao, canzone della resistenza italiana conosciuta in tutto il mondo e tradotta in oltre 40 lingue, anche in ucraino. A inizio marzo la cantante Khrystyna Soloviy ha riadattato il testo contro l’invasore russo e l’ha fatta diventare una delle canzoni della resistenza ucraina. Il testo recita: “Uccideremo i boia maledetti senza pietà (…) nella Difesa territoriale ci sono dei ragazzi migliori, nelle nostre forze armate combattono veri eroi”.
Scorrendo la bacheca Facebook di Khrystyna Soloviy esattamente sotto al post in cui lancia la rivisitazione di Bella Ciao, c’è una foto dei suoi anfibi in cui spicca la scritta “Батько нaш Банде́ра” che tradotto significa “Nostro padre Bandera”. Il riferimento è a Stepan Bandera, il capo dei nazionalisti ucraini durante la Seconda guerra mondiale che giurò fedeltà a Hitler e che oggi continua a essere ricordato in Ucraina nei settori di estrema destra e nazionalisti, che nel 2012 con la formazione Svoboda hanno raggiunto il 10% dell’elettorato e che hanno cavalcato il movimento di Piazza Maidan del 2014, entrando a far parte del governo provvisorio. Una parabola poi discendente: Poroschenko li caccia rapidamente dal governo e alle elezioni del 2019 ottengono poco più del 2% dei voti.
Dell’estrema destra ucraina fanno parte anche Pravy Sector e il Corpo Nazionale, gruppo politico legato al Battaglione Azov: entrambi si rifanno al nazismo e dopo aver partecipato alle manifestazioni del 2014, hanno perso parte del consenso elettorale ma si sono rafforzati su quello militare, combattendo in Donbass contro i separatisti filorussi acquistando prestigio militare, tanto che nel gennaio 2015 il Battaglione Azov viene integrato alla Guardia Nazionale Ucraina.
Con l’inizio della guerra abbiamo assistito a quello che potremmo chiamare un’operazione di pulizia dell’immagine di questi gruppi, in particolare del Battaglione Azov, con interviste da parte dei media in cui dichiarano di non essere nazisti, di leggere Kant e di combattere per la libertà. Versione che confligge con il loro simbolo, la runa Wolfsangel, utilizzata da un battaglione delle SS e ripresa in Italia dall’organizzazione eversiva neofascista Terza Posizione, operativa dal 1978 al 1982 e sciolta dopo una serie di arresti e processi.
Fino a poco tempo fa invece il Battaglione Azov era collegato alle inchieste giornalistiche e giudiziarie sul suprematismo bianco e all’antisemitismo: nell’autunno 2019 in Campania sono stati arrestati alcuni membri di un’associazione spirituale che secondo gli inquirenti funzionava da base per il reclutamento e l’addestramento paramilitare di singoli militanti, spesso fuoriusciti dalle organizzazioni neofasciste italiane. Secondo le indagini c’è un filo che collega questa attività al Battaglione Azov e alle altre organizzazioni neonaziste e suprematiste internazionali. Sempre nel 2019 negli Stati Uniti c’è stata la richiesta da parte di alcuni deputati del Congresso di Washington di inserire i Azov nella lista delle organizzazioni terroristiche, anche per i rapporti con i suprematisti d’oltreoceano che spesso si sono arruolati nelle sue fila. Ma non c’è solo Azov nell’estrema destra ucraina paramilitare, ci sono anche Aidar, Donbass, Dnepr 1 e Dnepr 2, tutti battaglioni sostenuti economicamente dallo stesso oligarca: Ihor Kolomoyskyi, tra le prime tre persone più ricche d’Ucraina, dal 2021 ospite non gradito negli Usa, con un mandato di cattura sulla sua testa da parte dei tribunali russi. Personaggio molto controverso, è stato ex governatore dell’oblast di Dnipropetrovsk, presidente della maggiore banca ucraina “Privat Bank”, proprietario della squadra di calcio FC Dnipro Dnipropetrovsk nonché dell’emittente televisiva 1+1, quella che ha trasmesso la serie tv “Servant of the People” in cui Vlodomyr Zelensky interpretava proprio la parte del presidente dell’Ucraina.
Secondo il giornale “Politico” Kolomoyskyi avrebbe finanziato il battaglione Dnepr con 10 milioni di euro, costituendo di fatto un suo esercito privato che ha respinto le truppe separatiste, mantenendo la regione in pace. “Mentre il Donbass brucia, la nostra città è tranquilla come un cimitero. E questo è grazie al nostro governatore Kolomoisky” è una frase attribuita a un ristoratore di Dnipro sempre da Politico.
Durante la campagna elettorale gli altri candidati accusavano Zelensky di essere il burattino di Kolomoisky e che di fatto sarebbe stato lui il vero presidente in caso di vittoria del comico.
Aldar, uno dei battaglioni che il magnate ucraino avrebbe sostenuto dal 2014, si è reso protagonista di una serie di violazioni dei diritti umani denunciati da un rapporto di Amnesty International. “Sono stati coinvolti in abusi diffusi, inclusi rapimenti, detenzioni illegali, maltrattamenti, furti, estorsioni e possibili esecuzioni” accusa l’organizzazione umanitaria mentre una donna di Donetsk ha raccontato a Newsweek di aver ricevuto la testa di suo figlio, combattente filo-russo, in una scatola di legno.
Complessivamente dopo il 2014 in Ucraina sono nati circa 30 battaglioni indipendenti che sono andati a colmare le falle che l’esercito nazionale aveva lasciato nell’Est e nel Sud del Paese, tanto da essere comunque coordinati dal Ministero della Difesa di Kiev e, con tempi e modalità differenti, inseriti nella Guardia Nazionale ucraina, a eccezione del battaglione Alder che, dopo una serie di provocazioni e interferenze con la politica di Kiev, è stato sciolto nel 2015 e di fatto trasformato nel 24° battaglione d’assalto. “In connessione con la necessità di una regolamentazione legislativa dell’esistenza di battaglioni di volontari, nonché di prevenzione di azioni illegali da parte di alcuni rappresentanti di formazioni di volontari, lo Stato maggiore delle forze armate dell’Ucraina ha deciso di formare unità militari delle forze armate sulla base dei battaglioni di volontari”, ha dichiarato Vladislav Seleznev, all’epoca capo del servizio stampa dello stato maggiore ucraino.
Stessa sorte è toccata al Battaglione Azov dopo aver riconquistato la città di Mariupol, strategica per l’affaccio sul Mar d’Azov e oggi tornata centrale in questa guerra, tanto che proprio i militari dell’Azov stanno resistendo all’interno del plesso industriale della città, cosa per la quale sono stati paragonati da Giuliano Ferrara agli spartani alle Termopili, con un editoriale intitolato “Ora che sta per soccombere, il battaglione Azov merita solo rispetto” e nel quale dice: “Qualche curvaiolo della Dinamo Kyiv, tatuato con la svastika, fa parte di un battaglione nazionalista chiamato battaglione Azov. E dunque?”.
L’editoriale di Ferrara non è un caso isolato, anzi. Come sottolineato in apertura i media europei, soprattutto italiani, stanno facendo un’operazione di pulizia dei “ragazzi”, come spesso vengono definiti, del battaglione Azov, sminuendo la rilevanza che potrebbero avere a livello politico dopo questa guerra. Non è un caso, infatti, se Zelensky in conferenza con il parlamento greco li ha fatti presenziare insieme a lui. La comparsata degli “eroi di Mariupol” ha creato molte polemiche ad Atene, dove appena un anno e mezzo fa è stata messa al bando l’organizzazione neofascista Alba Dorata che con il Battaglione Azov ha condiviso l’esperienza del Forum “Iron March”, chiuso nel 2017, e che è stato un punto di aggregazione dei neofascisti e neonazisti a livello internazionale.
Al momento Azov ha due battaglioni nell’Oblast di Kiev, è presente a Zaporižžja e ha circa 1.500 uomini a Mariupol, dove si trova anche “l’eroe d’Ucraina” Denis Prokopenko, il comandante del Battaglione che è stato insignito da Zelenski della più alta carica del Paese. Dalla loro postazione hanno affermato attraverso un video che i russi stanno usando armi chimiche, notizia ripresa dai giornali italiani come fonte attendibile mentre il governo di Kiev non si sbilanciava e i servizi d’intelligence occidentali davano la notizia come non verificata.
La centralità di Azov e degli altri gruppi neonazisti è quindi cresciuta nel corso della guerra, l’attenzione mediatica che ricevono e l’attendibilità come fonte conferisce loro anche una credibilità politica, potenzialmente pericolosa per il futuro.
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